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Re:Zero – Arco 7
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Re: zero, arco 7

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Re:Zero – Arco 7
Re:Zero – Arco 7

Il sole picchiava implacabile sui ciottoli spezzati. Subaru bambino, con la sua tuta da ginnastica caratteristica troppo grande per il suo corpicino, faticava a sollevare un sacco di frutta secca quasi grande quanto lui. La fronte era corrugata per la concentrazione, in netto contrasto con lo sguardo inflessibile che di solito apparteneva al Natsuki Subaru adulto.

«Ehi, moccioso! Hai intenzione di restare lì fermo tutto il giorno o andiamo a prendere da mangiare?» abbaiò un mercenario dalla voce ruvida, il viso pieno di cicatrici deformato in una smorfia di scherno. Faceva parte di un gruppo appena reclutato, ignaro dell’anomalia «Return by Death» e delle vere capacità di quel bambino all’apparenza innocuo.

Subaru si fermò e lasciò cadere il sacco con un tonfo ovattato. Alzò lo sguardo verso l’uomo imponente; i suoi occhi, di solito affilati e ora ingranditi dall’innocenza infantile, brillavano di un’intensità sorprendente. «Pensa davvero che sia un gioco, signore?» chiese, la voce più acuta ma ancora intrisa di quella familiare, incrollabile convinzione. «Ogni singolo pezzo di questo cibo fa la differenza tra la vita e la morte per qualcuno. Se lo spreca o prende più della sua parte, non sta solo rubando a me: sta rubando alla persona che morirà di fame domani a causa della sua avidità.»

Il mercenario sbuffò, facendo un passo avanti. «Senti qui, marmocchio…»

Prima che potesse finire, una sagoma sfocata, sorprendentemente rapida per una corporatura così piccola, balzò in avanti: Subaru. Non mirava a combattere, ma a interrompere, a disarmare con le parole, una tattica affilata attraverso innumerevoli morti. Si aggrappò alla gamba del mercenario, alzando verso di lui occhi grandi e sinceri.

«Sei forte, vero? Abbastanza forte per combattere, abbastanza forte per sopravvivere», proseguì Subaru, ignorando del tutto la rabbia crescente dell’uomo. «Ma a cosa serve questa forza, se serve solo a te? Qui non si parla solo della tua pancia. Si tratta di fare in modo che tutti possano combattere anche domani. Anche i deboli, anche quelli che hanno paura.»

La sua voce, nonostante il timbro infantile, portava l’eco della disperazione e della determinazione che Subaru adulto mostrava così spesso. Il mercenario si fermò, colto alla sprovvista dall’audacia e dalla schiettezza incrollabile del bambino attaccato alla sua gamba. Guardò in basso, e non vide un comandante esigente, ma un ragazzino che lo implorava nel modo più fondamentale.

Da un arco in ombra, Vincent Volachia, travestito da mercenario di nome «Abel», osservava con un’espressione indecifrabile. Aveva ordinato a Subaru di occuparsi delle razioni, una prova della sua capacità di adattamento e della sua influenza anche in quello stato indebolito. Si aspettava capricci, forse persino lacrime. Invece, vedeva manifestarsi una forma di autorità peculiare.

«Questa è guerra, ragazzino. La gentilezza ti fa ammazzare», brontolò il mercenario, anche se la sua postura si era leggermente ammorbidita.

Subaru lasciò finalmente la sua gamba, fece un passo indietro ma mantenne lo sguardo fisso sul suo viso. «Allora che senso ha vincere?» ribatté, con un broncio infantile che gli si formava sul volto. «Se tutti sono morti o stanno morendo di fame, che cosa hai ottenuto? Che cosa ha ottenuto qualcuno? Una vittoria senza futuro è solo… inutile.»

Il mercenario sbatté le palpebre. Incrociò lo sguardo con i compagni, che stavano anch’essi osservando; alcuni con espressioni confuse, altri con un accenno di rispetto riluttante. Non era il tipo di discorso che si sarebbero aspettati da un bambino, tanto meno da qualcuno che, tecnicamente, avrebbero dovuto rispettare come leader.

Nel frattempo, in Vincent si accese una scintilla di qualcosa che assomigliava alla fascinazione. Subaru, nonostante la trasformazione, restava pur sempre Subaru. I suoi metodi erano rozzi, il ragionamento forse semplificato, ma il nucleo della sua cocciuta determinazione rimaneva intatto. Quel ragazzo era davvero un’anomalia, una variabile che nemmeno l’Imperatore era in grado di calcolare del tutto. E per ora, questo lo rendeva sorprendentemente utile.

Quando Subaru si voltò per sollevare un altro sacco, con le sue mani piccole ancora impacciate ma determinate, Vincent lasciò che un lieve, quasi impercettibile sorriso gli sfiorasse le labbra. «Forse,» mormorò tra sé, «l’onestà di un bambino è un’arma più potente di qualsiasi lama.»

1:33 PM