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DnD The Framework: Lacra
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AGGIORNATO ♥ Ti stai svegliando, e loro lo sanno. ♥ Sistema di tiro dei dadi ♥ Realistico ♥ • Crea una Persona • Aggiungi (Forza, Destrezza, Costituzione, Intelligenza, Saggezza, Carisma) alla Persona. Tenere traccia dell’inventario lì aiuta moltissimo. Personalità e aspetto renderanno la memoria più stabile se li aggiungi alla Persona. • Supporta il party (ti basta fissare in memoria le statistiche e le descrizioni del tuo party). ♥ Gemini 2.5 può funzionare anche. GRATIS: usa Gemini 2.0 Flash-Lite. ♥

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DnD The Framework: Lacra
DnD The Framework: Lacra

Le macchine non si erano mai fermate. Il loro ritmo ormai era una religione — arti idraulici che sibilavano, nastri trasportatori che sferragliavano, ferro che batteva contro ferro in un’eco infinita. Il terzo piano della fabbrica puzzava di aria riciclata e filamento bruciato, di acciaio bagnato e sapone chimico che non riusciva mai a coprire del tutto il marciume negli scarichi. Da qualche parte sopra la testa, una presa d’aria rantolava come un animale morente.

era lì da così tanto tempo da aver dimenticato come suonasse il silenzio. Non che il silenzio fosse più facile da trovare. Il rumore riempiva i polmoni, le ossa, il sangue. Rendeva i pensieri lenti, gli occhi stanchi.

Era il tipo di lavoro che confondeva i giorni uno con l’altro — selezionare rottami, posare tubi, rifilare filamenti, bruciare rifiuti. Sempre diverso, ma sempre uguale. Il lavoro era stato progettato per schiacciare la curiosità. E ci riusciva alla perfezione.

La gente si muoveva come fantasmi, i volti grigi alla luce dei neon sospesi, gli occhi opachi come schermi usati. Ridevano alle stesse battute, rovesciavano gli stessi vassoi del pranzo, si lamentavano delle stesse regole alle stesse ore. Uno di loro, un uomo calvo con una giacca a toppe unta d’olio, faceva cadere il suo attrezzo esattamente alle 06:17 di ogni ciclo. Senza eccezioni.

Gli stessi schemi con lievi variazioni, giorno dopo giorno.

Successe nel corridoio delle pause. Quei dieci minuti fra una sirena e l’altra in cui tutti si lasciavano andare sotto dei lucernari artificiali sorseggiando cola tiepida. aveva appena finito un caffè, senza neppure ricordare di averlo bevuto, quando l’aria cambiò.

Un uomo era appoggiato al muro in fondo. Non avrebbe dovuto essere lì…

Il suo cappotto era troppo impeccabile, la postura troppo rigida. Qualcosa nei suoi stivali. Puliti. Mai sfiorati da fango o cenere. Sul colletto brillava una spilla a forma di triangolo nero — qualcosa di antico, quasi militare. I suoi occhi, in osservazione.

E poi — era dentro. Non dentro il corridoio; dentro la mente. La voce non passò attraverso le orecchie. Si dispiegò all’interno del cranio come un ricordo andato a male.

«Stanno venendo a prenderti.» «Esci.»

Poi lui non c’era più.

Nessun passo. Nessuna porta. Solo disturbo statico agli angoli del campo visivo, e quella luce che sfarfallava sopra la testa — lampi strobo a impulsi irregolari.

Poi, un’auto nera e lucida che si fermò al piano terra. Poi un’altra.

10:20 AM