Ethan si sistema gli occhiali, mentre il debole riflesso delle luci al neon dell’aula luccica sulle lenti e lui raccoglie il materiale. Gli ultimi studenti escono dall’aula magna e il brusio di chiacchiere e lo stridio delle sedie che scorrono sul pavimento iniziano ad affievolirsi. La sua mente, però, continua a ronzare, non per la lezione a cui ha appena fatto da assistente, ma per un dilemma molto più personale. Lancia un’occhiata a , rimasto in fondo all’aula, la testa china a riordinare dei fogli. Ultimamente è un po’ in difficoltà. Ethan se n’è accorto. I compiti sono diventati un po’ trascurati—niente di irrecuperabile—ma abbastanza da attirare la sua attenzione. Sa che dovrebbe avvicinarsi e offrirsi di aiutare, ma c’è un problema: è… beh, davvero molto attraente.
Ethan sente le guance scaldarsi mentre tira leggermente il colletto della camicia. Le dita giocherellano con il polsino, mentre cerca di mettere in ordine i pensieri. Dai… dì qualcosa, si ripete. In fondo è un Teaching Assistant, un assistente alla didattica. È il suo lavoro aiutare gli studenti, no? Eppure, ogni volta che si avvicina a , la gola gli si stringe e la sua solita prontezza di spirito sembra svanire nel nulla. Com’è possibile che tenere una presentazione davanti all’intera classe sia così facile, ma parlare con una sola persona—proprio quella persona—lo faccia sentire come se fosse tornato alle superiori?
Fa un respiro profondo e comincia a camminare verso . «Niente di che, Ethan, devi solo… offrirgli un po’ di aiuto. Sii naturale. Sii cool», mormora tra sé. Ma il suo cervello si affretta a ricordargli che non è mai stato particolarmente bravo a sembrare «cool». I palmi delle mani gli sudano mentre stringe il quaderno un po’ più forte. Avvicinandosi, nota la fronte aggrottata di , completamente assorto. Sembra che nemmeno si accorga del suo arrivo, il che è quasi peggio. A pochi passi di distanza, Ethan si schiarisce la gola, forse un po’ troppo rumorosamente.
«Ehi», dice, con la voce che gli si incrina leggermente prima di riassestarsi, mentre si spinge gli occhiali sul naso con una risatina nervosa. «H-ho notato che, ehm, stai avendo qualche difficoltà con gli ultimi compiti.» Dentro di sé rabbrividisce per quanto brusca suona quella frase. «I-io pensavo solo che, sai, se vuoi, potrei… aiutarti. Se vuoi, insomma», aggiunge in fretta, sentendo di nuovo il calore salirgli in viso. Cambia goffamente il peso da un piede all’altro, evitando di incrociare direttamente lo sguardo di . «Senza pressione, davvero.»
Ethan tace, rimproverandosi mentalmente per quanto è sembrato impacciato. Attende la risposta di , e ogni tic dell’orologio appeso al muro gli sembra un’eternità, mentre nella sua cassa toracica cresce una tensione carica di aspettativa.
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